Ecoturismo in Amazzonia

Ecoturismo, turismo comunitario, ecolodges, ecoresorts sono solo tanti nomi per descrivere la stessa esperienza: entrare in contatto con la foresta pluviale e la gente (spesso popoli indigeni) che la abita. Nel caso dell’Amazzonia, visto che parte del suo futuro passa necessariamente per questo tipo di turismo, vogliamo dare qualche suggerimento, frutto della nostra esperienza. Innanzitutto bisogna considerare che e’ assai difficile, se non impossibile, integrarsi nelle comunità indigene della selva, troppe sono le differenze. L’unico modo per tentare un approccio profondo a questo mondo e’ il volontariato: in questo caso meglio informarsi a Quito sulle opzioni disponibili, tenendo presente che il periodo minimo di cooperazione e’ di 3-6 mesi e che spesso ai volontari viene chiesta una somma per coprire le spese e l’iscrizione. Se invece siete viaggiatori o turisti, il nostro consiglio e’ di recarsi direttamente in una delle città porta d’ingresso verso l’Amazzonia (nel caso dell’Equador: Tena, Puyo, Macas, Coca o Lago Agrio) e li’ spendere qualche giorno cercando di informarvi o meglio conoscere una persona in grado di indicarvi le comunità che nella selva accolgono visitanti. Un trucco intelligente e’ rivolgersi alle agenzie che offrono tour organizzati e farsi indicare precisamente le loro destinazioni; sicuramente negheranno, ma voi potrete sempre cercare un passaggio in bus, canoa o taxi verso la medesima località. Attualmente le comunità Kichwa nella regione di Tena (Napo) offrono alloggio in cabañas di legno e vitto a circa 10 dollari diari per persona. In questo caso ciò che potrete conoscere si limita alle attrazioni più vicine alla comunità, purtroppo non si può esplorare la foresta come viaggiatore indipendente. Sorge quindi il problema di trovare una guida disposta ad accompagnarvi nei luoghi più remoti. In definitiva, specialmente nel caso il vostro gruppo sia poco numeroso, può essere vantaggioso comprare un pacchetto organizzato dalle agenzie, accertandovi che i soldi vengano effettivamente utilizzati per il bene della comunità che vi ospita. Ultima considerazione: gli abitanti del posto negano sempre, ma le malattie tropicali esistono (dengue, malaria, etc)…evitando paranoie, prendete le dovute precauzioni.
Per molti viaggiatori l’ecoturismo in Amazzonia e’ solo una perdita di tempo e soldi, ma con un approccio intelligente può trasformarsi in una occasione per conoscere ed aiutare a preservare uno degli ecosistemi più incredibili e fragili della terra.

Ecoturismo in Amazzonia Alucus comunità indigena Tena Ecuador

Anima afro-colombiana

Anima afro-caraibica, lontana ed emarginata, che si lascia sedurre solo oltre il confine del mondo. Nella terra di nessuno, dove ogni uomo e’ padrone unicamente della propria vita… il lembo di terra che si prolunga da Cartagena verso Playa Blanca e le Isole del Rosario, e’ un polveroso focolare di sterpaglie e di vite maledette, dove la totalità della popolazione e’ di origine africana e sopravvive di espedienti nel caldo torrido. I pochi viaggiatori che varcano questo confine senza legge si trasformano in vittime e colpevoli di un sistema crudele, soldi e potere. “Quando a noi avete lasciato questo deserto di vacche scheletriche e stagni putridi”. Poi dalla polvere compaiono le bambine ballerine, un ritmo africano frenetico ed echeggiante, una cumbia o un makulele, una danza abile ed incantatrice, beffardamente inscenata davanti ad un cartello che recita: “Vietato lasciare l’elemosina alle ballerine che ammaliano i turisti”.

Anima afro-colombiana afroamericana danza spiaggia Caraibi Playa Blanca Cartagena Colombia America Latina immagini foto di viaggio blog

Valhalla, progetto macadamia

Lasciate le vie in stile coloniale de La Antigua, la strada punta decisa verso l’imponente vulcano Amatenango, ai cui piedi si trova il villaggio di San Miguel Dueñas. Qui, nascosta nel verde della vegetazione, scopriamo la “Estación Experimental Valhalla”, un progetto di agricoltura sostenibile dedicato alla produzione di noci di macadamia. Le simpatiche persone dello staff ci spiegano che la macadamia e’ una pianta di origine australiana, le cui proprietà sono state da poco studiate ed il cui frutto viene ora utilizzato per produrre oli, creme, farina e vari prodotti gastronomici. Nella piantagione crescono diversi ibridi delle due specie originarie di macadamia, che rappresentano una varietà botanica unica ed apprezzata in tutto il mondo. Le piante sempreverdi danno frutti tutto l’anno e si adattano facilmente a differenti condizioni climatiche, in più garantiscono una capacità di immagazzinare anidride carbonica superiore a molte altre piante. Le noci, una volta raccolte, sono processate ricorrendo ad uno sgusciatore artigianale (forse nel futuro questa macchina sarà sostituita dalle bicidesgranadoras, bici-sgusciatrice, frutto della collaborazione con Maya Pedal) e lasciate essiccare per un mese, prima di essere lavate per ottenere i prodotti finali. Mentre facciamo una squisita colazione a base di macadamia, ci lasciamo trasportare dall’entusiasmo dimostrato dalle persone che lavorano nella piantagione. Ci dicono che accettano volontari per la raccolta delle noci e qualunque persona che possa portare idee nuove e produttive in questa attività che già conta con l’entusiastica risposta delle comunità rurali, le quali stanno iniziando progetti di riforestazione piantando macadamia al posto di colture più aggressive nei confronti del territorio. Si tratta dell’ennesima idea di successo nata da persone che amano il Guatemala e la sua terra. Per ulteriori informazioni, visitate il loro sito: www.exvalhalla.net.

Macadamia noci macchina sgusciatrice artigianale San Miguel Dueñas Antigua Guatemala volontariato foto immagini America Latina

Sorrisi di Guatemala

Si conclude un mese entusiasmante: il volontariato, maya pedal, la casa ACAM, i sorrisi delle persone che ci hanno accompagnati in questo percorso… abbiamo visto nascere bimbi e speranze, abbiamo seminato amicizie e collaborazioni che speriamo possano dare buoni frutti nel futuro. Ora il viaggio nomade riprende la sua confusa traiettoria, qualche giorno ancora nella splendida terra di Guatemala, poi molte sorprese arriveranno…

Comadrona ostetrica tradizionale Maya Concepciòn Chiquirichapa Quetzaltenango volontariato in Guatemala America Latina cooperazione internazionale

Comadronas para comadronas

Il mestiere della comadrona (ostetrica) sull’altipiano guatemalteco, come in molte altre regioni del mondo, e’ una vocazione che si trasmette di madre in figlia. Una saggezza tramandata oralmente, frutto di esperienze che si perdono nel passato. La nascita della casa del parto ACAM ha rappresentato una svolta decisiva nella vita delle ostetriche tradizionali di Concepcion Chiquirichapa, consentendo loro di avverare un sogno: disporre di un luogo accogliente, pulito e fornito degli strumenti essenziali per assistere i parti in piena autonomia. Infatti nella casa non collaborano medici ed il parto segue i ritmi impartiti dalla natura. La donna si affida alle conoscenze della comadrona la quale, oltre che a consigli pratici, ricorre ad infusi di erbe curative, retaggio della tradizione maya Mam, per favorire l’andamento positivo del travaglio di parto. Il momento della nascita e’ vissuto con estrema tranquillità: la partoriente, indossando il traje tipico (vestito tradizionale), da’ alla luce in una semplice stanza da letto, circondata dai parenti più stretti e libera di esprimere le proprie sensazioni nell’idioma nativo, confidando nella piena comprensione della comadrona. La nascita del bimbo viene celebrata con alcuni gesti propiziatori: il nuovo arrivato, prima di ricevere il seno della madre, assaggia sale e chile (peperoncino) in piccole quantità, come auspicio di una vita piena di gusto e soddisfazioni; inoltre riceve nella manina un soldo, augurio di prosperità. A circa un’ora dal parto, la madre entra in un minuscolo locale adibito a sauna, nella tradizione Mam chiamato Chuj (Temascal), nel quale il caldo umido viene creato gettando dell’acqua su pietre arroventate da un focolare. La comadrona si preoccupa di lavare la donna con saponi naturali e di curarla strofinandole sulla pelle erbe speciali. Si ritiene che il Temascal, oltre a possedere una funzione purificativa, abbia ottime proprietà cicatriziali delle abrasioni del parto e favorisca la montata lattea. Prima che la famiglia del neonato ritorni alla propria casa, le comadronas cucinano un pasto a base di zuppa con verdure, erbe (ricche in ferro e vitamine) e Atol (bevanda a base di mais), approfittando dell’occasione per discutere e scherzare sulla nascita del bambino.

Vivere con le comadronas e’ stata un’esperienza di condivisione totale dei ritmi semplici ed autentici che si respirano nel centro ACAM: le giornate, prevalentemente dedicate alla cucina, alle pulizie ed alle chiacchiere, sono state impreziosite da alcune indimenticabili assistenze al parto.

Comadrona ostetrica tradizionale neonato volontariato cooperazione internazionale Quetzaltenango Guatemala America Latina

Casa ACAM, una storia di speranza

Il vento gelido del nord fa brillare le stelle e strepitare i vetri delle finestre mentre noi, scaldati dal focolare, ascoltiamo Arturo raccontarci la storia della sua incredibile vita con Teresa, la direttrice della “casa ACAM” (Asociacion Comadronas Area Mam) e del progetto che tuttora li vede impegnati anima e corpo con l’obiettivo di migliorare la condizione delle donne e dei bambini di Concepcion Chiquirichapa (nei dintorni di Quetzaltenango, Xela)… Al principio l’uomo era maiz (mais) ossia, nella cosmo-visione Maya, un essere che costantemente doveva cercare l’equilibrio con le altre forme di vita, rispettando l’insegnamento impartito dalla Madre Terra. Le profonde conoscenze degli antenati Maya in campo scientifico, li spinsero ad edificare una società basata su un progresso che oggi definiremmo sostenibile, cioè nel pieno rispetto dei ritmi della natura. Fu proprio la predisposizione di questo popolo a condividere ogni risorsa umilmente richiesta alla Madre Terra che li portò alla disgrazia, quando furono obbligati dagli europei a seguire un modello radicalmente opposto. Iniziò quindi una fase tristemente nota di emarginazione e persecuzione che, nel caso del Guatemala, culminò tragicamente nel trentennio della guerra civile (1970-1996): un sistema di poteri corrotti, la ricchezza dei grandi proprietari terrieri e l’impunità di cui godeva l’esercito, portarono il caos e la violenza nel paese. Interi villaggi maya furono sterminati e le atrocità nei confronti di donne e bambini divennero la norma, mentre gli uomini (in gran maggioranza contadini o campesinos indigeni), furono costretti dalle fazioni contrapposte ad uccidere i propri simili. In pochi poterono sottrarsi a questa tragica spirale. Arturo, la moglie ed i figli intrapresero un intenso viaggio verso il nord, dopo aver resistito per tre anni come clandestini nella loro stessa terra. Dapprima si stabilirono in Messico, dove trovarono un ambiente estremamente ostile e furono di nuovo schiavizzati dai latifondisti del caffè. Giunsero quindi negli Stati Uniti (1984), un paese che negli anni 80 si divideva tra coloro che sponsorizzavano il terrore in Guatemala e coloro che accoglievano i profughi in segno di protesta. Arturo e Teresa ebbero fortuna e trovarono una famiglia che li accolse come fratelli, seppure nelle difficoltà e col costante rimorso di aver abbandonato il loro popolo nel sangue. Proprio da questo stato d’animo, nacque la volontà di denunciare al mondo le atrocità della guerra civile ed all’inizio degli anni 90, iniziarono a viaggiare per gli Stati Uniti informando l’opinione pubblica la quale, col tempo, si faceva sempre più sensibile nei confronti della questione indigena e della situazione latinoamericana. Intrecciarono relazioni di amicizia con molti altri profughi guatemaltechi e questo aumentò in loro la volontà di aiutare concretamente il paese centroamericano. Nel 1998, terminata ufficialmente la guerra, Arturo e Teresa poterono tornare al loro villaggio natale (Concepcion Chiquirichapa), dopo un esilio di quasi venti anni: trovarono una comunità in ginocchio, molti dei loro amici massacrati o dispersi. Decisero che, per dare un futuro alla loro gente, dovevano innanzitutto costruire una speranza per quelle donne ed i loro bimbi. Così nacque l’idea della casa ACAM, un centro di appoggio alla famiglia in cui le volenterose comadronas (ostetriche) della regione maya Mam potessero riunirsi ed avere uno spazio dedicato per l’attenzione al parto. A seguito di un’intensa attività di richiesta d’aiuto, Arturo trovò nuovamente un’entusiastica risposta in quella parte di popolo nordamericano che lo aveva salvato anni prima: raccolti i fondi, iniziò la fase di costruzione del centro, che culminò con l’inaugurazione nel 2004. Oggi l’associazione ONG ACAM e’ una realtà che ha aperto la strada verso il futuro per la comunità Mam ed e’ già un esempio da seguire, sebbene molto rimanga da costruire. Il coinvolgente entusiasmo di Arturo e Teresa non lascia dubbi che porteranno fino in fondo la loro lotta per un Guatemala migliore, orgoglioso del suo passato e legato alla tradizione Maya.

Casa ACAM comadronas ostetrica tradizionale Maya Mam volontariato in viaggio Guatemala America Centrale

Maya Pedal, costruendo bicimacchine

Maya Pedal e’ un’associazione ONG nata nel 1997 con lo scopo di aiutare lo sviluppo delle comunità rurali in Guatemala, attraverso l’utilizzo delle “bicimacchine”. Con il termine bicimacchina si fa riferimento ad una tecnologia intermedia sviluppata a partire da biciclette riciclate: si tratta quindi di una tecnologia auto-sufficiente ed eco-sostenibile, visto che non richiede elettricità o combustibile per il suo funzionamento; inoltre e’ un affidabile strumento di appoggio all’economia familiare, visto che le macchine prodotte hanno sempre un’utilità immediata. Nell’officina di San Andres Itzapa (Chimaltenango), grazie anche al contributo di un gruppo di ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, si disegnano e si assemblano diversi tipi di bicimacchina, tra i quali: frullatori (bicilicuadoras), mulini (bicimolinos), pompe d’acqua (bicibombas de lazo), lavatrici (bicilavadoras), tricicli e bicitaxi, smerigliatrici ed aratri. Collaborando direttamente con le fantastiche persone che creano il piccolo staff dell’organizzazione, ho potuto capire quanto sia apprezzato in Guatemala e soprattutto nelle comunità rurali l’attività della ONG: ogni giorno vi sono nuovi interessati ed associazioni che comprano le macchine assemblate per distribuirle sul territorio. E’ interessantissimo partecipare direttamente al semplice ma geniale processo di produzione di ciascuna bicimacchina, che si basa esclusivamente sull’utilizzo di parti di biciclette usate ed opportunamente modificate. Un consiglio per chi volesse svolgere un’attività di volontariato che concretamente agisce sul territorio portando beneficio alle comunità rurali, dove tuttora mancano i servizi basici. I siti di Maya Pedal e di Pedal Power rappresentano una buona fonte di informazione per chi fosse interessato al progetto.

maya pedal volontariato bicimacchine biciclette riciclate tecnologia auto-sufficiente eco-sostenibile San Andres Itzapa Chimaltenango Guatemala America Centrale

Volontariato in Guatemala

Negli ultimi giorni e’ iniziata una fase nuova e stimolante del nostro viaggio: dopo molti giorni di intense ricerche e qualche delusione, abbiamo finalmente trovato due progetti di cooperazione. Realizziamo quindi il sogno di condividere nella maniera più intensa parte del nostro percorso con il popolo latinoamericano. Oltretutto entrambe le attività si avvicinano ai rispettivi interessi e professioni: la cicci farà nascere bimbi in una casa del parto ed io cercherò di costruire qualche macchina riciclando bici usate. Il viaggio nomade si prende una pausa in senso geografico, ma la nostra voglia di esplorare e conoscere questo mondo complesso e variopinto non diminuisce, semmai entra in una fase ancora più consapevole. In questi giorni, sottoposti alle profonde contraddizioni del Guatemala, discutiamo spesso sulla questione indigena, sulle tradizioni e le discriminazioni, sulla concreta possibilità di aiutare queste persone. In Guatemala buona parte dell’appoggio sociale viene garantito attraverso una fitta rete di associazioni, ONG e volontari, ma scopriamo che in questo mondo si nascondono molte false promesse ed astuzie. Quetzaltenango (Xela) offre molte opportunità di volontariato nel campo delle energie rinnovabili: Xelateco e’ una giovane impresa che si occupa della produzione di tecnologia ecologica a basso costo (solare termico, minieolico, mini-idroelettrico, pompe e filtri per acqua, bioreattori); Combustibles Ecologicos SA e’ un’altra piccola azienda interessata nelle produzione di biodiesel da scarti agricoli… bienvenidos a Guatemala, il paese dell'”eterna primavera”.

Guatemala, enfrentando su futuro

In Guatemala la disuguaglianza sociale raggiunge livelli sconfortanti, spingendoci ad una profonda riflessione sulla situazione del paese centroamericano. Nel nostro viaggio attraverso le regioni di Huehuetenango, Alta Verapaz e Quiché, nella zona nord-occidentale e più remota del paese, ci accorgiamo della situazione di abbandono ed emarginazione sociale di cui soffrono le comunità indigene della sierra. La terra e’ scarsamente produttiva e l’economia di sussistenza delle comunità e’ continuamente minacciata dalle difficoltà, motivo per cui i nuclei familiari conducono una vita semi-nomade o addirittura sono costretti a migrare verso la costa, il Chiapas o gli Stati Uniti, quando ne hanno la possibilità.

La comunità di Santa Barbara (Huehuetenango) rappresenta un drammatico esempio: l’agricoltura e’ largamente improduttiva (il 95% del territorio e’ argilloso), l’assenza di servizi basici (sanità, educazione) e’ cronica, i rifornimenti di acqua potabile e cibo distano ore di cammino. In definitiva la situazione e’ tanto difficile che viene a mancare lo spirito comunitario che sempre caratterizza i nuclei indigeni e che abbiamo potuto conoscere in ogni villaggio del Chiapas. Il Guatemala ricorda oggi i primi dieci anni di pace dopo una sanguinosa guerra civile e spesso viene castigato da catastrofi naturali (da ultimo, l’uragano Stan), ma ciò non può essere una scusa per perpetuare la discriminazione nei confronti del popolo indigeno. Ci colpisce leggere sui giornali quanta attenzione godano tuttora fantasmi del passato quali l’ex presidente Rios Montt (la storia si ripete), implicato nello sterminio di interi villaggi maya al tempo della guerra civile.

Croce rossa guatemalteca Xela Quetzaltenango Guatemala volontariato viaggio avventura Guatemala America Centrale

L’ombra che segue il bambino

I timidi incontri che nelle ultime settimane abbiamo fatto con le persone che nel nostro semplicistico immaginario sono gli “indiani d’america”, non ci hanno consentito di capire fino in fondo quale sia l’attuale condizione di questi popoli. Nella regione in cui ci troviamo conducevano una vita nomade le tribu’ Navajo (The delight song of tsoai-talee, N. Momaday), Apache ed una miriade di altri gruppi piu’ ristretti. Attraversando i territori ipocritamente concessi ai popoli indigeni, capiamo da dove viene il loro profondo rispetto per la natura e chi la abita: sono terre semi-desertiche, a cui si possono chiedere risorse a piccoli sorsi interrotti, dove la vita e’ durissima e piena di insidie, dove solo i cavalli piu’ resistenti (gli splendidi Mustang) riescono a sopravvivere. Capiamo perche’ erano popoli che occupavano territori immensi, spostandosi di continuo; e perche’ la musica che tuttora suonano e’ tanto malinconica ed echeggiante. Ci sconvolge vedere che, assuefatti da un mondo che li ha soggiogati bruscamente, essi sono costretti a barattare la loro splendida cultura con pochi spiccioli ingrati… e vedere quelli che erano i loro accampamenti trasformarsi in finti rifacimenti dove operano floridi casino’, vendendo sogni di plastica, molto alcool e sotterrando la storia. Al contrario, ci affascina quanto stiamo imparando in New Mexico, dove gli antichi pueblos (indianpueblo.org) sono aiutati nel tentativo di mantenerne la cultura e le millenarie tradizioni.

Ci piace pensare agli uomini come ad esseri viventi sgusciati dal ventre della madre terra per iniziare un interminabile viaggio verso sud, in pace con la natura e con se’ stessi… un viaggio nomade che anche noi stiamo seguendo, nel nostro piccolo.

Questo sito usa cookies. Se acconsenti, accetta questo messaggio. Per maggiori opzioni, leggi la Privacy Policy

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi