Maiz vs petrolio: miraggi latinoamericani

L’elevato prezzo del petrolio ha incentivato nell’ultimo anno la produzione di biocombustibile da fonti alternative (biomassa). Per effetto della crescente richiesta di maiz (utilizzato per produrre bio etanolo) da parte del mercato statunitense, il prezzo di questo cereale aumenta, raggiungendo livelli record. I paesi produttori, quali Stati Uniti d’America, Cina, Argentina, Messico, Brasile, ed in generale tutta la regione latinoamericana, pensano di aumentare la produzione e di conseguenza l’estensione di territorio agricolo. In questo scenario, l’utilizzo di mais transgenico diventa più che una tentazione, facendo sorgere una domanda: quanto e’ etico dirottare la produzione di un elemento basico nella dieta di milioni di persone verso i serbatoi delle automobili? L’Equador rappresenta un esempio emblematico di questa contraddizione: nel bacino amazzonico l’estrazione di petrolio e nella regione occidentale la crescente produzione di mais, mentre un popolo sfruttato continua ad affannarsi nel tentativo di risolvere il dramma della fame. Visto che non ci piace parlare di problemi che sembrano lontani dalle possibilità della singola persona, almeno senza dare una minima speranza, vi segnaliamo alcune associazioni che operano nel settore dei diritti umani, comunità rurali ed ambiente; nel caso vi fossero persone interessate a svolgere attività di cooperazione/volontariato in Equador: Sinchi Sacha, Ecuador volunteer, Fundacion Brethen y Unida, Jatun Sacha, e molte altre con cui non siamo entrati in contatto diretto (rivolte principalmente ad appoggiare i diritti delle comunità indigene della foresta amazzonica).

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BEPINET project: rinnovabili in America latina

Da alcuni mesi l’unione europea ha attivato un progetto di cooperazione con l’america latina (con particolare attenzione alle regioni andina ed amazzonica), denominato BEPINET (biomass energy platforms implementation for training in latin america – network). Questo progetto ha come obiettivo lo sviluppo di una rete di conoscenza tecnico-scientifica radicata nei territori rurali dei paesi interessati. Per usi domestici quali il riscaldamento e per la produzione di energia, le biomasse rappresentano una fonte alternativa e competitiva rispetto ai combustibili fossili, considerando la grande disponibilità locale di materiali di origine vegetale ed animale.

Non è quindi il solito progetto di cooperazione in cui si porta la tecnologia preconfezionata, ma si cerca di intervenire direttamente a livello di università ed istituzioni, per stimolare una maggiore sensibilità verso il problema energetico e le sue possibili soluzioni con alternative sostenibili. Il tentativo di valorizzare e responsabilizzare le comunità locali, creando piccole reti tra territori energeticamente autosufficienti. Il medesimo progetto esiste anche per l’africa.

Biocarburanti a piccoli passi

Con l’obiettivo di produrre bioetanolo sfruttando l’attività metabolica delle cellule, il Technical Research Centre of Finland (VTT) ha sviluppato metodi che utilizzano il lievito per una efficiente produzione di biocarburante dai residui di coltivazioni agricole. Oltre al bioetanolo, sfruttando i processi fermentativi si possono produrre bioplastiche, xilitolo, pigmenti e farmaci. Opportuni interventi di bioingegneria a livello del metabolismo cellulare e delle funzioni enzimatiche sono in sviluppo per consentire di utilizzare la biomassa come principale materia prima al posto di petrolio e suoi derivati.

Indubbiamente la sostituzione della benzina con prodotti di origine biologica come il bioetanolo risolverebbe il problema delle emissioni di CO2, che sarebbero bilanciate dall’assorbimento di tale composto durante la crescita delle piante stesse. Ma quanti ettari di coltivazioni (canna da zucchero, barbabietola, etc) dovranno essere utilizzati per produrre bioetanolo in quantità tale da sostituire almeno in parte il carburante prodotto da petrolio?Quanti ettari di foresta amazzonica dovranno essere distrutti per fare spazio alle coltivazioni estensive di soia e canna? Forse lo studio dell’istituto finlandese si muove nella direzione giusta indicando come possibile fonte di biomassa gli scarti agricoli ligno-cellulosici: in questo caso si aumenterebbe la disponibilità di materia prima, ma più complessi sono i processi fermentativi alla base della sintesi di biocarburante.

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