Parco nazionale Tayrona

Dall’ingresso, un breve percorso in bicicletta ci conduce alla spiaggia di Cañaveral, lungo una strada immersa nella giungla. Finalmente siamo nel Parque nacional Tayrona, una riserva naturale unica per bellezza, esempio più puro di costa caraibica incontaminata. Il primo contatto con l’oceano atlantico è davvero emozionante: una striscia deserta di sabbia, delimitata da scogli levigati e palme da cocco. Il paradiso tropicale, insomma… una lunga camminata ci conduce ad Arrecifes, ogni passo una sorpresa, finché sentiamo di nuovo le onde infrangersi sulla costa: davanti ai nostri occhi un’altra insenatura stupenda, disegnata da un mare turchese e cristallino. Ci abbandoniamo increduli alla bellezza del paesaggio, impressionati da un ecosistema tanto selvaggio. Pensiamo ai legittimi abitanti di questa regione, il popolo indigeno dei Tayrona, la prima civiltà incontrata dagli europei nel continente sudamericano. Di loro restano gli sguardi stupendi di alcune ragazze che lavorano nel parco e le caratteristiche capanne in pietra e legno, col tetto in foglie di palma. Un popolo perfettamente adattato ad una natura impressionante: il mare aperto ed indomabile, i picchi scoscesi e ricoperti dalla giungla e più all’interno le vette innevate della Sierra Nevada de Santa Marta. Proprio tra queste montagne fiorì la loro cultura di abili artigiani dell’oro, la cui espressione più significativa fu la Ciudad Perdida, un pueblo Tayrona dimenticato e riscoperto negli anni ’70.

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Verso i Caraibi

Adiós vereda, hasta luego amigos… con molta nostalgia il viaggio riprende, dopo una lunga pausa ricca di momenti indimenticabili. Da Villa de Leyva, il bus sale veloce fino ai quasi 3000 metri della cittadina di Tunja, da dove proseguiamo decisi verso nord. Dopo ore di saliscendi, superando nebbiosi pendii ricoperti di giungla, giungiamo a San Gil ed infine a Bucaramanga, tappa intermedia del nostro tragitto, città inaspettatamente moderna ma dal clima piacevole. Un lungo viaggio notturno ci porta infine a Santa Marta, sulla costa del caribe colombiano: la simpatia delle persone e la loro imperturbabile tranquillità indicano chiaramente che si tratta di un nuovo mondo, tutto da scoprire. Come primo impatto, ritroviamo il medesimo clima arido a cui siamo sopravvissuti per oltre un mese, ma nascosto dalle colline di cactus, si cela il Parco Nazionale Tayrona, perla caraibica di spiagge bianche, giungla e mare turchese.

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Nuvole

Nuvole, nuvole, nuvole veloci; poi sole, cieli stellati. E luna piena, sfavillante… Le semi desertiche colline che circondano Villa de Leyva nascondono molte sorprese. L’osservatorio astronomico dei Muisca, popolo indigeno ormai scomparso se non negli sguardi di alcuni campesinos (contadini), è un sito cerimoniale (El infiernito) immerso nel verde degli ulivi. Nelle vicinanze, un piccolo museo (El fosil) custodisce il fossile ben conservato di un kronosaurus, coccodrillo preistorico vissuto quando nella regione si estendeva un antico mare. Dove le Ande crescono in altitudine e la vegetazione scompare definitivamente, nel cosiddetto paramo, si nascondono alcuni splendidi laghi (Santuario de Iguaque), circondati da un ambiente aspro ed ostile. La laguna de Iguaque era luogo sacro per i Muisca, i quali credevano fosse il luogo dove la dea Bauché si svegliò, sorreggendo con le proprie braccia un bambino, destinato a dare origine al loro popolo.

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Case in terracotta

Fin dai primi giorni trascorsi in Villa de Leyva, ci ha incuriositi la frenetica attività di alcuni muratori che, in aperta campagna, costruivano una casa dall’aspetto insolito, forse non particolarmente gradevole, ma soprattutto bruciandola. Ora scopriamo che ciò che sembrava un gioco e’ in realtà un progetto di bioarchitettura ideato da Octavio Mendoza, un architetto boyacense. Il concetto e’ molto semplice: la terra argillosa, reperita in gran quantità direttamente nel luogo di costruzione, viene utilizzata come unico materiale con cui si modella l’abitazione. Pezzo dopo pezzo si da’ forma alla struttura, che infine viene bruciata per conferirle resistenza meccanica. Il risultato e’ una casa in adobe a basso costo, eco-sostenibile, con ottime proprietà di termoregolazione, dal minimo impatto ambientale ed anti-sismica. Il progetto e’ ritenuto tanto geniale che ha ricevuto attenzione anche in Europa, per il momento in Spagna e Francia. L’idea e’ suggerita oltre che dal buonsenso, anche dall’esempio della popolazione indigena, in particolare quella andina, che da millenni utilizza l’adobe (una miscela di argilla fangosa e paglia) per costruire i propri edifici.

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Bogotá, giovane e moderna

Giungendo da nord, Bogotá appare come un enorme ed informe striscia di luci e grattacieli, variopinta nelle consuete isole di estrema povertà e ricchezza. Nel traffico della sera riconosciamo la frenesia che caratterizza tutte le metropoli, ma ciò che ci colpisce maggiormente è la massiccia presenza di militari: ad ogni incrocio staziona un gruppo di giovanissimi in divisa che controllano la gente, impugnando terribili armi come fossero giocattoli… con la distratta abitudine di chi nasce con la violenza negli occhi. Ci ricordano che la Colombia è un paese soffocato da una guerra sanguinosa ed assurda, scoppiata ormai da tanti anni che in molti sembrano rassegnati all’idea di convivere con essa.

Bogotá non seduce al primo sguardo, ma sicuramente è una città viva e dinamica, moderna e cosmopolita, estremamente attenta alla cultura (dal 2007 diventerà capitale mondiale del libro) ed all’arte, forse un pò disattenta nei confronti delle fasce più povere della popolazione, abbandonate qui come in tutta l’America latina ad un’esistenza davvero difficile. Nella Candelaria, il cuore storico della città, le strade perdono la loro distribuzione geometrica e nel labirinto di case colorate prende forma l’ispirazione artistica di cui dispongono i giovani colombiani. Bar, centri culturali e teatri sono frequentati da musicisti, pittori, artesanos e universitari provenienti da ogni parte del paese. Durante il fine settimana ed i festivi, le vie del centro sono chiuse al traffico per lasciare spazio a pedoni e ciclisti: Bogotá si trasforma in una enorme pista ciclabile, con numerose soste per assistere a concerti ed esibizioni teatrali.

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Vereda Monquirà

Vivere nel campo, lasciandosi avvolgere dal silenzio e dalla tranquillità, aiuta a pensare… e come sfondo dei nostri pensieri una casa isolata, un prato verde-pagliericcio, un sole cocente nascosto dalle nuvole che veloci prendono forma e si dissolvono. Un orizzonte mozzafiato delimita il nostro mondo in questa terra di pastori silenziosi, sguardi consumati dall’altitudine e dal clima. Troppo lontana per sentirne il più lieve rumore, la cittadina di Villa de Leyva si nasconde dietro una collina boscosa, tenue acquarello in stile coloniale, polverosa come l’America Latina. Amata dagli artisti, oziosa come solo la provincia può concedersi.
Di nuovo giunge la notte ed il nostro mondo si addormenta, nel silenzio.

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In Colombia

Nell’oblò dell’aereo si condensano tutti i nostri ricordi, tanto tempo passato tra queste valli aspre ma verdissime, poi all’improvviso rivediamo l’oceano. Rimbalzando più volte dalla costa pacifica a quella atlantica, sorvoliamo le estese piantagioni di Nicaragua e Costa Rica; osserviamo lentissimi i giganteschi mercantili superare il canale di Panama, crocevia delle merci del mondo. Sotto i nostri piedi le bianche spiagge del caribe (Caraibi) colombiano ed infine l’impatto con le Ande, dolci e fertili in questa regione… ora la Colombia e’ ad un passo, folle ed inavvicinabile: ad accoglierci lo stesso clima primaverile del Guatemala ed il sorriso dei bambini per strada. E’ notte quando l’autobus ci lascia a Villa de Leyva, nello zaino tanti progetti e molte storie da raccontare, le esperienze da condividere e l’emozione di incontrarsi dopo tanto tempo.

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