Tinghir, incontro con i Berberi

La sera, dopo aver appoggiato gli zaini all’hotel Tombouctu, ci incamminiamo alla volta del suq. Come spesso accade, troviamo subito un amico, Nazihr: un ragazzo davvero simpatico, che ci racconta tutto su Tinghir e l’origine del suo popoli, i nomadi berberi. Il giorno successivo andiamo con lui alle Gole del Todra, un’imponente formazione rocciosa, alta fino a 350 metri, dalla quale sgorgano numerose sorgenti di acqua cristallina, che alimentano il palmeto di Tinghir.
Proseguendo oltre la gola, ci inerpichiamo lungo un ripido sentiero, che segue gli aridi declivi delle montagne circostanti, ultime propaggini dell’Atlante verso il deserto… Nazihr ci guida fin dove possiamo godere di un paesaggio mozzafiato sulla valle del Dades. Poco oltre, incontriamo un accampamento di nomadi berberi: la gente vive tuttora in semplici tende per ripararsi dal sole durante il giorno e in grotte naturali durante la notte, per proteggersi dal freddo. La signora, confermando l’ospitalità di questo popolo, ci prepara un tè di timo, mentre i figli Lazhen e Youssef giocano con noi e le capre; più distanti la nonna e la figlia maggiore, non ancora sposata, ci mostrano timidamente il tappeto che stanno tessendo, in preparazione al matrimonio.
Giunge la notte, e camminando nella penombra dell’antica medina di Tinghir, ci appaiono fantasmi di un mondo lontano ed abbandonato, sono uomini, donne e bambini berberi che hanno lasciato la dura vita delle montagne, per scomparire nel caos delle città. I loro spiriti vagano ancora, nel disperato ricordo di una vita nomade.

Tinghir e Gola del Todra

Ouarzazate e Casbah di Telouet

La notte stellata, inseguita da una moltitudine di anime che trovano pace solo ai margini delle strade polverose, cede finalmente il passo ad un’alba tiepida e tremolante. Seguiamo a ritroso le pendici dell’Atlante, in direzione di Marrakech, ma poco prima del passo Tizi’n Tichka, svoltiamo lungo una esigua traccia di polvere: è l’antica pista del sale, passaggio delle carovane lungo il tragitto verso Marrakech o verso il mistero di Timbuctu.
I visi sorridenti ed affaticati dei contadini, seguiti dalle giocose grida dei bambini, ci raccontano di un mondo che scorre con i ritmi antichi delle stagioni, senza affanni ma sempre in equilibrio tra semplicità e privazioni. Il luogo è incantevole, i colori sono caldi e leggieri come pennellate di un quadro impressionista. Siamo affascinati. Al termine del nostro percorso, giungiamo finalmente a Telouet, villaggio di origine del Glaoui e sede di una miniera di salgemma. Visitiamo la Casbah che subito ribattezziamo “delle cicogne”, accompagnati dalla simpatica guida Mohammed, poi ci concediamo una lunga pausa nel vicino ristorante, dove gustiamo gli intensi sapori della cucina berbera e godiamo di un paesaggio bucolico.

Improvvisamente squilla il telefono. Stiamo facendo merenda con Lahcen, a base di tè verde e pistacchio, ci racconta della sua aspirazione di viaggiare il mondo e conoscere persone lontane, pensiamo all’innata curiosità di questo popolo stupendo e quanto ciò ci unisca, rendendo le nostre discussioni sempre più avvincenti e appassionate.
Dall’altra parte della cornetta un affannato Brahim, che nel frattempo ci aveva salutati per raggiungere la famiglia a Zagora, qualche ora di bus da Ouarzazate. La sua voce lontana: “Salam amico, abbiamo un problema… tu e la ragazza dovreste andare via subito dalla casa, perché fra poco arriva mio cugino e se vede lei, tira fuori un gran casino!”. Un attimo di silenzio, poi penso che il privilegio e le emozioni che ci hanno regalato nei due giorni passati assieme sono il migliore regalo che potessero farci; ringraziamo tutti, raduniamo le nostre poche cose e siamo pronti a ripartire.
Marocco dei mille contrasti e contraddizioni, sono le 10 di sera e dobbiamo trovarci un albergo per la notte. Ancora una notte di Ouarzazate.

Suggerimento di viaggio: rilassarsi nel terrazzo del ristorante Lion d’Or di Telouet, gustando i piatti della cucina berbera (tagine, cous cous).

Tizin Tichka, Atlas

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