Chefchaouen, la ville bleu

I pochi villaggi lasciano spazio ad estese pinete e piantagioni (moltissime quelle di kif), siamo sorpresi dal contrasto tra questo verde lussureggiante ed il paesaggio desertico che abbiamo abbandonato solo qualche giorno fa. Si respira un’aria di frontiera e di passato. La notte sta già sopraggiungendo quando scorgiamo da lontano le forme sinuose di Chefchaouen, Chaouen per i suoi abitanti, la ville bleu per i turisti.
Un eccentrico musicista filosofo e viandante, Maurice di Tolosa, che avevamo conosciuto a Nador ci aveva consigliato l’Hotel Goa e lì ci avventuriamo con passo deciso, accompagnati nell’ombra dal solito Mustafa.
Ci concediamo un’intera giornata per perderci nel dedalo di viuzze che formano la medina del villaggio. L’atmosfera è resa unica ed incredibile dalle tonalità azzurre con cui tutte le case sono intonacate. Dicono per tenere a distanza le mosche durante la canicola estiva. Il risultato visivo è folgorante e siamo affascinati da questa cittadina. La serata a Chefchaouen trascorre in compagnia di Mohammed e Abdel Rahim, due amici del Goa.

Chefchaouen, ville bleu

Tinghir, incontro con i Berberi

La sera, dopo aver appoggiato gli zaini all’hotel Tombouctu, ci incamminiamo alla volta del suq. Come spesso accade, troviamo subito un amico, Nazihr: un ragazzo davvero simpatico, che ci racconta tutto su Tinghir e l’origine del suo popoli, i nomadi berberi. Il giorno successivo andiamo con lui alle Gole del Todra, un’imponente formazione rocciosa, alta fino a 350 metri, dalla quale sgorgano numerose sorgenti di acqua cristallina, che alimentano il palmeto di Tinghir.
Proseguendo oltre la gola, ci inerpichiamo lungo un ripido sentiero, che segue gli aridi declivi delle montagne circostanti, ultime propaggini dell’Atlante verso il deserto… Nazihr ci guida fin dove possiamo godere di un paesaggio mozzafiato sulla valle del Dades. Poco oltre, incontriamo un accampamento di nomadi berberi: la gente vive tuttora in semplici tende per ripararsi dal sole durante il giorno e in grotte naturali durante la notte, per proteggersi dal freddo. La signora, confermando l’ospitalità di questo popolo, ci prepara un tè di timo, mentre i figli Lazhen e Youssef giocano con noi e le capre; più distanti la nonna e la figlia maggiore, non ancora sposata, ci mostrano timidamente il tappeto che stanno tessendo, in preparazione al matrimonio.
Giunge la notte, e camminando nella penombra dell’antica medina di Tinghir, ci appaiono fantasmi di un mondo lontano ed abbandonato, sono uomini, donne e bambini berberi che hanno lasciato la dura vita delle montagne, per scomparire nel caos delle città. I loro spiriti vagano ancora, nel disperato ricordo di una vita nomade.

Tinghir e Gola del Todra

Marrakech, città imperiale

Marrakech è una della quattro città imperiali marocchine e il suo suq, che si estende nel cuore della città antica (la medina), è uno dei mercati più vitali di tutto il Nord Africa. Non esistono nomi, insegne o vetrine. Tutto ciò che si vede è in vendita. Nel suq, il commerciante ha un trattamento diverso per ogni cliente. Esso si sviluppa attorno alla splendida piazza Djemaa El Fna, dove si trovano venditori e artisti di ogni genere: gruppi musicali, oratori, venditori di protesi, dentisti, incantatori di serpenti… Marrakech è indimenticabile per i suoi sapori ed odori, per gli artigiani ed i tintori che lavano le pelli nei pozzi di pietra, i fabbri e le altre migliaia di figure magiche che popolano e rendono unica questa città, africana e profondamente araba maghrebina.

La storia della regione attorno a Marrakech è legata alla popolazione bereber (Berberi). Presente sul territorio africano da migliaia di anni, questo popolo mantiene tuttora un’origine misteriosa, anche se si dice che provenga dal Caucaso. In epoca romana, questi “uomini di terra” avevano già instaurato il Regno di Mauritania, le cui frontiere raggiunsero il Mediterraneo. Dopo la caduta dell’Impero Romano, iniziarono a crescere ed a espandersi fino a spingere i loro guerrieri alla conquista della Spagna, portando in Europa l’Islam. La città imperiale di Marrakech fu fondata nel 1062 dal sultano Youssef ben Tachfine, cui si attribuisce la costruzione delle mura difensive che circondano la città. Estese fino a 19 km durante le dinastie degli Almohades e dei Saadiani, tali mura cittadine variano come colore tra il rosa e il rosso e sono interrotte da 200 torri quadrate (borjs) e nove porte monumentali. La prosperità di Marrakech le consentì di divenire capitale di un impero che si estendeva da Algeri all’Atlantico e dal Mediterraneo fino al Senegal.

Dopo 400 anni di dinastie berbere discendenti delle tribù indigene dell’Atlante (gli Almoravidi, gli Almohadi e i Merinidi, che regnarono fino al 1465), il XVI secolo vide l’avvento di dominatori di origine araba. I Saadiani (1554-1603) unificarono il Marocco, mentre nel 1659 ascesero al trono gli Aluiti (nel 1672-1727 regnò il sultano Moulay Ismail), che sono ancora oggi al potere in Marocco. Uno dei monumenti più notevoli di Marrakech appartenente a questo periodo della storia del Marocco si trova nella casbah (Qasba). Situate in un piccolo giardino, le tombe dinastiche dei Saadiani, che risalgono proprio al XVI secolo, sono fra i migliori esempi di arte islamica, specialmente per le elaborate decorazioni a stucco e i soffitti in cedro del mausoleo.

Suggerimento di viaggio: sedersi in un chiosco di piazza Djemaa el Fna, per assaporare carne, pesce, couscous, teste di montone, lumache o spiedini, ogni sera dopo le 18.

Babouche, Suq di Marrakech