BEPINET project: rinnovabili in America latina

Da alcuni mesi l’unione europea ha attivato un progetto di cooperazione con l’america latina (con particolare attenzione alle regioni andina ed amazzonica), denominato BEPINET (biomass energy platforms implementation for training in latin america – network). Questo progetto ha come obiettivo lo sviluppo di una rete di conoscenza tecnico-scientifica radicata nei territori rurali dei paesi interessati. Per usi domestici quali il riscaldamento e per la produzione di energia, le biomasse rappresentano una fonte alternativa e competitiva rispetto ai combustibili fossili, considerando la grande disponibilità locale di materiali di origine vegetale ed animale.

Non è quindi il solito progetto di cooperazione in cui si porta la tecnologia preconfezionata, ma si cerca di intervenire direttamente a livello di università ed istituzioni, per stimolare una maggiore sensibilità verso il problema energetico e le sue possibili soluzioni con alternative sostenibili. Il tentativo di valorizzare e responsabilizzare le comunità locali, creando piccole reti tra territori energeticamente autosufficienti. Il medesimo progetto esiste anche per l’africa.

America latina e lavoro minorile

Il lavoro minorile, soprattutto nelle sue forme peggiori di sfruttamento, risulta essere in diminuzione per la prima volta a livello globale; lo dice un rapporto moderatamente ottimistico dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO).

In base al documento emerge che i paesi dell’america latina e dell’america centrale mostrano la maggiore tendenza alla diminuzione dello sfruttamento minorile nell’arco degli ultimi quattro anni. Il numero di bambini al lavoro nella regione è sceso di 2/3, portando al 5% la percentuale di minori che lavorano. Il rapporto presenta il Brasile come esempio per tracciare una direzione virtuosa per gli altri paesi. Un altro paese che mostra un evidente declino del lavoro minorile è il Messico. Considerando che la metà dei bambini in america latina vive nei due paesi sopraccitati, è chiaro che questi dati sono incoraggianti nell’ottica di stimolare una reazione comune a questo problema anche da parte di altri stati finora meno attenti, sia in america latina sia nel resto del mondo.

San Paolo del Brasile

Arriviamo nella gigantesca capitale economica sudamericana, un mostro di cemento e grattacieli, mai avevamo visto qualcosa di simile a San Paolo del Brasile, nel nostro viaggio. La città che non può fermarsi.
Un formidabile colpo di fortuna ci fa incontrare i nostri amici, che ci attendono nella calca serale presso la rodoviaria barra funda. Attorno a noi non il verde intenso di Corumbá e dei luoghi attraversati nel viaggio verso San Paolo, ma una continua ed inestricabile giungla di alte costruzioni.
La città cosmopolita, crogiolo di culture, miscuglio di sguardi, tutti da vivere ciondolando da un luogo all’altro, da una piazza all’altra, così come tutte le metropoli amano farsi visitare.

san paolo brasile

La Paz di Bolivia

La Paz si mostra come una megalopoli latinoamericana, in salsa boliviana. Stretta fra imponenti vette andine, la città arranca su scoscesi pendii ed i dislivelli da percorrere sono memorabili per una capitale (la più alta al mondo con i suoi 3650 metri sopra il livello del mare), ma con gli estremi di 4100 metri di El Alto ed i 3000 metri dei quartieri residenziali di La Paz. Il centro della città è delimitato dalla cattedrale e dal Palazzo del Governo, o il Palacio Quemado, cosi chiamato per il numero di volte che è stato avvolto dalle fiamme. Punto di incontro per i viaggiatori di tutta l’america latina, La Paz concentra in sè anche svariati estremi sociali: colorati mercati lasciano il passo a moderni quartieri e poi ancora a viuzze dimenticate, dove ancora si pratica il baratto e si vive, dorme e mangia con poco.

Un aereo decolla, stelle tremolanti, mai così tante, mai così vicine, passeggeri nella notte di autobus sgangherati, senza una meta. Una teleferica che unisce due mondi. La Paz.

La Paz Bolivia, contrasti di giorno

Andahuaylas, Apurimac

Il percorso in minibus o colectivo si inerpica con esagerata ripidità partendo dai 2300 metri sopra il livello del mare di Abancay per arrivare ben oltre i 4000 metri ed infine ridiscendere nuovamente. Il percorso si snoda nel distretto di Apurimac, una delle regioni più isolate e selvagge del Perù. Raggiungiamo Andahuaylas a tarda notte. Il lungo viaggio è allietato dalla musica e dal contatto umano che si viene a creare nel minibus riempito fino a scoppiare di persone, cose ed animali. Vicino a me siedono un simpatico bimbo di nome Annibal e la sua giovane madre.

Il paesaggio è incantevole, campi coltivati a maiz ed alfalfa lasciano spazio a piccoli villaggi di case di adobe, pochi capi di bestiame, dove l’uomo ha sapientemente addolcito le fertili ma ripide sponde delle montagne. La gente è molto ospitale.

Valle sacra degli Incas Andahuaylas Apurimac

Arequipa e Juanita, signora delle nevi

Arequipa, un gioiello incastonato nelle ampie vallate dell’altipiano andino del Perù meridionale, è soprannominata dai peruviani la città bianca.  Una città tranquilla ed ospitale, dove acclimatarsi prima dell’ascesa nelle parti più remote delle ande. A sovrastare la città le cime pennellate di tre vulcani: il misti (gentiluomo, con la sua forma perfettamente conica), il chachani (amato) ed il picchu picchu (alto alto) in idioma quechua. Nei seminterrati presso il convento di Santa Catalina riposa in un abbraccio eterno la mummia di una ragazza (soprannominata Juanita, la signora delle nevi) sacrificata in un rituale inca presso il monte Ampato 500 anni fa. L’incontro con un “viejo loco”, come lui stesso si è presentato, ci apre un mondo su questo scorcio di america latina, seduti in una minuscola piazzetta di Arequipa, all’ombra di alcuni aranci in fiore, iniziamo una lunga conversazione sulla vita, sulle ande e le tradizioni di Arequipa. Lui viaggiò molto da giovane, essendo un artista di strada, ed i suoi ricordi sono ancora lucidi. Abbiamo discusso della magica combinazione di atmosfere, colori, sapori, musica ed esperienze che porta con sé il viaggiatore nei suoi pellegrinaggi. Ad Arequipa è facile conoscere molta gente, anche perché  il clima è davvero ospitale. Riceviamo un invito a casa di un ragazzo, fuori città. Ci porta a conoscere i nonni, che si occupano dei campi di granoturco e alfalfa e ci preparano un pranzo ricco e squisito accompagnato da abbondante chicha tradizionale, una bevanda leggermente alcolica ricavata dalla fermentazione del mais. Seduti intorno al focolare mangiamo ed ascoltiamo con interesse la storia della loro vita, tra gioie e sacrifici. Al termine del pranzo, impariamo i primi rudimenti necessari per suonare la quena, il tipico flauto utilizzato nella musica andina.

Arequipa el misti Juanita, signora delle nevi

Cile sulla strada

La stazione dei bus di Santiago del Cile è uno di quei luoghi dove il tempo è sospeso tra la calura ed il refrigerio della notte. Quando dai bus scende una faccia nuova, si genera immediatamente un’improvvisa concitazione, tipica di coloro che vivono dei piccoli espedienti quotidiani. La stazione dei bus è sempre un bivio, tra infinite scelte nel viaggio. Dopo una breve consultazione per decidere se continuare il percorso verso il sud verde e svizzero, verso Concepción e la mitica università del Bio Bio, verso Puerto Montt ed il suo progetto di città sostenibile (teleriscaldamento, pompe di calore specialmente della tecnologia Baumann ed un’innovativo sistema di compostaggio dei rifiuti organici mediante l’opera dei lombrichi), decidiamo di volgere il nostro sguardo verso il nord, verso il deserto di Atacama. Lasciamo Santiago lentamente, frenati da un coloratissimo corteo di malabaristas, artisti di strada che protestano contro il divieto di poter esercitare la loro arte per le vie del centro di Santiago. Ci si ritrova a fare festa e discutere in una delle tipiche Peñas, locali dove si possono ascoltare e ballare le cuecas di Violeta Parra e le ballate di Victor Jara, magari accompagnate da deliziose empanadas, pastel de choclo con humitas e vino cileno. Il ritrovo è per il giorno successivo davanti a la Moneda, la storica sede governativa dove risiede il presidente cileno. Luogo dove si concentrano tutte le proteste del paese, luogo simbolo del golpe militare che nel 1973 destituì Allende e portò alla lunga dittatura di Pinochet.

Da Valparaiso la strada panamericana corre veloce a fianco dell’oceano pacifico, la costa è interrotta da poco frequenti paesi di pescatori, la costa è piegata dalla forza maestosa dell’oceano. Lontanissima per poter essere vista, l’isola di Pasqua riposa in balia delle correnti. Nell’autobus viaggiamo con una giovane famiglia cilena, una giovane donna con tre piccoli figli, tutti bellissimi. Discutiamo e pensiamo alle reciproche differenze, un abisso ci sembra dividere, ma poi facciamo una pausa per il pranzo sulla strada e loro ordinano un grande piatto di patatine fritte, che chiamano chorillana, con un immenso bicchiere di coca cola. Il mondo ormai è liquido, forse anche più di quanto profetizzato da Bauman agli albori dell’era digitale.

Pacifico sulla strada cile

Dal finestrino Brasile, Argentina, Cile

Dal finestrino dell’aereo, un lungo preludio ha inizio quando ad interrompere la monotona linea blu dell’oceano emerge la sensuale sagoma verde-oro del Brasile, avamposto del continente sudamericano. Sarà come riavvolgere velocemente un nastro che vivremo nel futuro, immersi nel viaggio. Gli occhi si abbagliano nell’osservare tali sterminate terre. L’aereo punta veloce verso sud, compaiono i colori della primavera australe; lì dove il Rio de la Plata, nel dividere il piccolo Uruguay dalla sorella maggiore Argentina, si tuffa immenso nell’oceano Atlantico. Compare Buenos Aires, sconfinata. Sotto i piedi la terra si fa arida e disconnessa, salendo di quota preannuncia lo spettacolo delle Ande, l’incredibile cordigliera che divide Argentina e Cile. La sagoma dell’Aconcagua, la vetta più alta dell’America con i suoi 6962 metri (22841 piedi) di altitudine, nasconde il tramonto, ma non i primi scorci sulle bucoliche vallate del Cile centrale, avvolto dalle prime fioriture primaverili. Più in là, l’oceano Pacifico riposa agitato da onde potenti come montagne.

Santiago del Cile si presenta come una lunga striscia che si sviluppa da nord a sud, a tratti informe, copia in piccolo del Cile intero con la sua caratteristica sagoma filiforme. Così profondamente vario e contradditorio. Santiago è viva e pulsa.

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