Tizi’n Tichka verso Ourzazate

Camminiamo verso la gare routiere, ed immancabilmente siamo coinvolti nel trambusto pre-partenza. Non appena varchiamo la soglia della stazione, un nugolo di giovani in giacca di pelle, mendicanti, bambini a piedi scalzi e presunti viaggiatori di lunga data ci attornia. Le grida sono sempre più animate e giocose, poi a tratti nervose rivelando una certa insoddisfazione per la trattativa che non prosegue speditamente. In pochi secondi, dopo che abbiamo pronunciato la parola magica (Ouarzazate), ci ritroviamo gentilmente sospinti verso uno sgangherato bus, agghindato con una miriade di nastri e lustrini colorati d’oro e di rosso. Ci risentiamo a casa. Subito parte la contrattazione per il prezzo ed i posti a sedere migliori. 30, 25, 20 il prezzo scende e scendono le pretese: posti in fondo al bus e sedili rivestiti in pelo di pecora, impolverato.

Finalmente il bus parte, direzione il deserto, ma dobbiamo subito affrontare l’Atlante: fitte foreste di pini, estesi raccolti di frumento dorato e tranquilli villaggi berberi, una breve sosta a Taddert per il pranzo. Superiamo il Tizi’n Tichka (2500 metri di altitudine), che in lingua tamazight significa proprio “passo dei pascoli”. L’aria calda e secca preannuncia il deserto del Sahara. Nel viaggio conosciamo Brahim, un simpatico marocchino che lavora a Bergamo: con lui facciamo i primi passi nel Marocco più autentico. Ci invita a casa di suo cugino quando raggiungiamo Ouarzazate, parliamo e ci offre da mangiare, capiamo che c’è molto da condividere e la possibilità di instaurare un rapporto davvero caloroso. Passiamo una piacevole giornata con Brahim ed i tre fratelli (Lahcen è l’unico che capisce l’inglese), peccato non parlare meglio il francese, ma ci arrangiamo con lo spagnolo e tentiamo di imparare le prime parole in arabo (shukran, naan/la, inshallah, salam/salem). Continuano ad offrirci la loro ospitalità, sotto forma di tè alla menta, piacevoli chiacchierate e deliziosi spuntini. Capiamo comunque che la reciproca curiosità non basta sempre ad abbattere il “muro” culturale che ci separa: il nostro relativismo non può molto nei confronti del loro modo di pensare legato alla cultura musulmana. Fin da bambini, le vite degli uomini si separano da quelle delle donne. Ai primi è dato il privilegio di poter scegliere, mentre per le donne il destino sarà sempre indelebilmente segnato dagli insegnamenti della madre e del volere prima del padre e poi del marito.
Nella notte, dopo aver gustato un saporito tajine di agnello cucinato con i nostri nuovi amici, facciamo tutti assieme una lunga camminata fino alla casbah di Taourirt. La luna piena crea un’atmosfera da sogno, la casbah sembra animarsi e rivivere i tempi del suo massimo splendore, quando era una delle dimore di Glaoui, il pacha di Marrakech. Ourzazate, che si trova all’incrocio della valle del Draa con quella del Dades, di fatto introduce alle prime propaggini del deserto del Sahara. La città è piuttosto moderna (fu infatti fondata dai francesi negli anni ‘20), ed è ancora oggi un luogo di transito lungo gli itinerari di commercianti e turisti che, partendo da Marrakech, portano alle frontiere desertiche di Zagora e Merzouga. Il clima è mitigato dalla sua altitudine che supera i 1.100 m di quota.

Suggerimento di viaggio: sedersi in un bar del centro città, per assaporare un gustoso tè alla menta, abilmente servito dalla teiera in modo da sprigionarne tutto l’aroma.

Casbah Taourirt, Ouarzazate

Marrakech, città imperiale

Marrakech è una della quattro città imperiali marocchine e il suo suq, che si estende nel cuore della città antica (la medina), è uno dei mercati più vitali di tutto il Nord Africa. Non esistono nomi, insegne o vetrine. Tutto ciò che si vede è in vendita. Nel suq, il commerciante ha un trattamento diverso per ogni cliente. Esso si sviluppa attorno alla splendida piazza Djemaa El Fna, dove si trovano venditori e artisti di ogni genere: gruppi musicali, oratori, venditori di protesi, dentisti, incantatori di serpenti… Marrakech è indimenticabile per i suoi sapori ed odori, per gli artigiani ed i tintori che lavano le pelli nei pozzi di pietra, i fabbri e le altre migliaia di figure magiche che popolano e rendono unica questa città, africana e profondamente araba maghrebina.

La storia della regione attorno a Marrakech è legata alla popolazione bereber (Berberi). Presente sul territorio africano da migliaia di anni, questo popolo mantiene tuttora un’origine misteriosa, anche se si dice che provenga dal Caucaso. In epoca romana, questi “uomini di terra” avevano già instaurato il Regno di Mauritania, le cui frontiere raggiunsero il Mediterraneo. Dopo la caduta dell’Impero Romano, iniziarono a crescere ed a espandersi fino a spingere i loro guerrieri alla conquista della Spagna, portando in Europa l’Islam. La città imperiale di Marrakech fu fondata nel 1062 dal sultano Youssef ben Tachfine, cui si attribuisce la costruzione delle mura difensive che circondano la città. Estese fino a 19 km durante le dinastie degli Almohades e dei Saadiani, tali mura cittadine variano come colore tra il rosa e il rosso e sono interrotte da 200 torri quadrate (borjs) e nove porte monumentali. La prosperità di Marrakech le consentì di divenire capitale di un impero che si estendeva da Algeri all’Atlantico e dal Mediterraneo fino al Senegal.

Dopo 400 anni di dinastie berbere discendenti delle tribù indigene dell’Atlante (gli Almoravidi, gli Almohadi e i Merinidi, che regnarono fino al 1465), il XVI secolo vide l’avvento di dominatori di origine araba. I Saadiani (1554-1603) unificarono il Marocco, mentre nel 1659 ascesero al trono gli Aluiti (nel 1672-1727 regnò il sultano Moulay Ismail), che sono ancora oggi al potere in Marocco. Uno dei monumenti più notevoli di Marrakech appartenente a questo periodo della storia del Marocco si trova nella casbah (Qasba). Situate in un piccolo giardino, le tombe dinastiche dei Saadiani, che risalgono proprio al XVI secolo, sono fra i migliori esempi di arte islamica, specialmente per le elaborate decorazioni a stucco e i soffitti in cedro del mausoleo.

Suggerimento di viaggio: sedersi in un chiosco di piazza Djemaa el Fna, per assaporare carne, pesce, couscous, teste di montone, lumache o spiedini, ogni sera dopo le 18.

Babouche, Suq di Marrakech

Marrakech, crocevia d’Africa

La prima sensazione che ci colpisce è la presenza della luce, una luce diffusa e spessa, una luce che inonda e trasforma, una luce che anima violentemente i nostri corpi. Quando dal deserto color ocra sboccia questo fiore di mercanti e visi sorridenti, ci rendiamo conto di aver raggiunto Marrakesh. Il Marocco ci appare quindi come un miraggio: un curioso sguardo di bambino verso un mondo che ci mancava tanto, con i suoi profumi intensi ed i suoi sapori estasianti… Ci immergiamo in una giostra di colori tanto vitali da far girare la testa: spezie, babouche, tappeti e lampade, mercanzie di ogni tipo affollano gli infiniti vicoli di questo porto di anime. Maghrebini e berberi, touareg ed integralisti islamici, tutti riuniti durante le contrattazioni nel suq. Sentiamo pulsante l’allegria del mercato, e ci stupisce la capacità rigeneratrice del suo cuore, la piazza Djemaa El Fna, crocevia d’Africa. Qui si incontrano centinaia di culture, si incrociano migliaia di anni di storia. Nella piazza Djemaa El Fna si sovrappongono le strade di milioni di persone, che spesso sono solo di passaggio, verso la prossima vita oppure verso il prossimo viaggio.

Suggerimento di viaggio: Hotel Minaret (125DH), chiedere all’arrivo in piazza Djemaa El Fna, si raggiunge a piedi, in direzione opposta rispetto al suq.

Djemaa El Fna, Marrakech