Survival lancia voce tribale, un progetto per condividere i pensieri e le esperienze di alcune delle più diversificate società sulla terra. Il progetto inizia con due tribù in Brasile: i Guarani, la cui terra è stata devastata da agricoltori e allevatori, e gli Yanomami. E’ tempo di ascoltare e diffondere la parola.
Senza terra, sempre
Alcuni giorni fa un gruppo di indigeni brasiliani (tupiniquim e guaranì) aiutati da attivisti di una ONG tedesca hanno bloccato gli ingressi della multinazionale tedesca Procter&Gamble, azienda che fornisce mezza Europa di fazzoletti di carta. Si vuole in questo modo denunciare che un grosso fornitore di cellulosa di tale azienda, la Aracruz Celulose, si è indebitamente appropriata di terre che erano sotto la tutela del popolo indigeno. Eventi simili a questo si ripetono con una frequenza disarmante.
Ma come è possibile che si debba ancora parlare di “riserve per indigeni” e di insopportabili prevaricazioni nei loro confronti? Esorterei chiunque a passare una giornata in un luogo simile ed infine trarre le dovute conclusioni: emarginazione e subalternità sono le parole che meglio descrivono la triste condizione degli indigeni che vi sopravvivono, cinicamente abbandonati soltanto perchè esigono il rispetto della loro cultura. Ciò succede in un paese come il Brasile che comunque garantisce una certa attenzione, a volte non priva di vuota retorica, nei confronti dei suoi popoli. Forse un giorno dovremo pentirci di non aver ascoltato il loro grido di amore nei confronti della terra che calpestiamo.
Popolo nomade
Alcune foto raccontano più storie di un intero libro. Il capo di un clan nomade appartenente al popolo Issah (Somalia)…
Santa Sara, protettrice dei nomadi
Saintes Maries de la Mer, cittadina nella Camargue (Francia meridionale), si colora di musica e danze gitane ogni maggio in onore della santa dei viaggiatori, Santa Sara. Rom, Sinti, Gitanos e Manouches arrivano da tutta Europa, armati di chitarre e violini per rendere omaggio alla loro protettrice, inscenando una lunga festa sempre in bilico tra sacro e profano. Il 24 di maggio la statua di Santa Sara viene portata in processione dal popolo nomade, verso il mare. La statua della santa è preceduta da uomini a cavallo, da musicisti e da un’auto con altoparlante che diffonde la storia delle persecuzioni contro il popolo Rom, dal nazismo all’attuale emarginazione sociale. Appena arriva sulla spiaggia, una calca di persone la segue in acqua, cantando “Viva Santa Sara!”. La festa che segue la celebrazione religiosa prosegue fino a tardissima notte e coinvolge tutti.
Un’occasione indimenticabile per entrare in contatto con una cultura straordinaria, spesso ignorata a causa della reciproca diffidenza.
Bolivia, la ribelle (e indigena)
Nel commentare le azioni intraprese dal governo boliviano all’inizio del mese di maggio (nazionalizzazione delle risorse energetiche), mi ponevo il dubbio sulla capacità da parte del popolo boliviano ed in generale dei popoli dell’america latina di utilizzare come un volano tale opportunità, nell’ottica di coinvolgere in questo processo soprattutto i movimenti indigeni. In un articolo pubblicato su Selvas.org si insiste su questo tema, indicando nella partecipazione attiva dei movimenti un passaggio fondamentale per garantire che le decisioni politiche non siano fini a sè stesse o peggio mirino soltanto a “fare cassa” (cosa peraltro comprensibile da parte di un paese come la Bolivia, così abituato ai saccheggi), ma consentano di dare una profonda impronta di sviluppo sostenibile e rispetto dell’ambiente all’intera operazione.
Bolivia, la ribelle
“Cominciamo dagli idrocarburi, poi toccherà alle miniere, quindi alle foreste, quindi a tutte le risorse naturali che ci hanno lasciato i nostri antenati. Infine sarà la volta della terra che è per tutti i boliviani” ha detto Evo Morales.
Non ho l’autorità per criticare o esaltare la decisione del presidente della Bolivia di nazionalizzare le risorse del suo paese, peraltro legittima e preannunciata, ma conosco troppi boliviani per sapere che questo è un giorno di festa per loro, un giorno che sognavano da sempre, indimenticabile. Purtroppo la posta in gioco è così alta, la sete di energia è così insaziabile che c’è da aspettarsi quantomeno una rappresaglia mediatica e/o ideologica contro questo splendido paese dell’america latina. E la storia insegna. Bolivia, se posso, ora volgi il tuo sguardo libero e sfrontato alla tua fiera cultura, alle tue sterminate foreste, alla tua bellezza, non smarrirti per sentieri imbrattati di petrolio…